Gentlement's Club
The following is a list of notable traditional gentlemen's clubs in the United States, including those that are now defunct. Historically, these clubs were exclusively for men, but most in the United States now admit women.
The traditional gentlemen's club originated in London (in particular the St. James's area) in the 18th century as a successor to coffeehouses. Today, these clubs also continue to operate in the United States, where most major cities have at least one such club. Notable traditional gentlemen's clubs are most prevalent, however, in older cities, especially those on the East Coast. As detailed below, the only American cities with five or more such clubs are Atlanta,Boston, Chicago, New Orleans, New York City, Philadelphia, Portland, San Francisco, and Washington, D.C. New York City contains more than any other American city. Throughout the country, though, many clubs have reciprocal relationships with the older clubs in London, with each other, and with other gentlemen's clubs around the world.
Because the term "gentlemen's club" often is used to refer euphemistically to strip clubs, in the United States traditional gentlemen's clubs often are referred to as "men's clubs" or "city clubs" (as opposed to country clubs) or simply as "private clubs". For other meanings and nuances of the word "club", see club.
Tassa Sulle Finestre
La tassa sulle finestre è una imposta che nel corso della storia è stata utilizzata in vari paesi europei, come in Francia dal 24 novembre 1798 al 1926, nelRegno Unito dal 31 dicembre 1695 al 1851, in Spagna fino al 1910 e nei Paesi Bassi dal 1821 al 1896.
La tassa gravava sui proprietari di immobili, che dovevano versare al fisco una somma commisurata al numero e alle dimensioni delle finestre.
Per limitare l'imposta i proprietari ricorsero alla realizzazione di un numero minore di finestre, alla muratura di parte di quelle esistenti, fino ad arrivare alla realizzazione di false finestre disegnate a trompe-l'oeil sulle pareti dei palazzi.
Gordon's Wine Bar
Colui che, in un martedì sera di novembre, voltate le spalle alla chiesa di S. Paul, si trovasse a percorrere lo Strand in direzione Trafalgar Square, potrebbe avere l’impressione di vivere in un sogno in cui Londra, svuotata d’ogni anima, continuasse nondimeno a vivere da sola, come se gli uffici e i palazzi e le vie della city, non esistessero affatto per gli uomini, ma per gli uffici, i palazzi, le vie stesse.
Passato il Savoy, il nostro viaggiatore, avrebbe allora probabilmente la tentazione di arrestare i suoi passi e cercare il conforto della compagnia umana in qualche posto talmente dispendioso e così formale da essere qui genuinamente sconsigliato.
Invitiamo pertanto il nostro amico a fare un piccolo sforzo, e calcare il marciapiede sino a qualche metro prima della stazione di Charing cross, dove, sulla sinistra, si apre una via pedonale, di poca rilevanza estetica all’apparenza, e che tuttavia ci accingiamo a percorrere. Al numero 47 di Villier’s Street, piegando rapidamente a sinistra, faremo dunque entrare il nostro compagno in una porticina stretta, quasi schiacciata sotto una scalchignata insegna che recita “Gordon’s wine bar”.
Di qui si scende poi a testa bassa per i gradini che separano dal banco della mescita e ci si trova infine in uno di quei luoghi che Londra sembra conservare gelosamente, come si conserva l’immagine di una persona cara. Le pareti scure per il segno dell’incedere del tempo, e per le troppe fumate di tabacchi orientali si abbassano poi nella cantina, un antro dalla volta a botte, illuminata solo dalla luce delle candele sui tavoli, nella quale solo inchinandosi in segno di rispetto è concesso incedere.
Il Gordon’s Wine Bar è questo strano rifugio dalla Londra moderna, un posto scuro, umido e vecchio prima ancora che antico. Tra il giovedì e il sabato sera si svolgono i consueti baccanali della vita londinese, tra avvinazzati in cerca di avventure e ragazze con le gambe nude che, vocianti, fanno di tutto per attirare l’attenzione degli astanti.
Eppure, questo wine bar dove “si beve Madeira” (cit.) sembra conservare un tempo che non c’ è più, rimanda quasi alle immagini delle fumerie d’oppio della Londra ottocentesca, e colui che vi entrasse non si stupirebbe di vedere apparire, d’un tratto, nella penombra, un nobile decaduto di qualche casata inglese, accompagnato magari da uno schiavo acquistato in Manciuria per pochi scellini.
Le vecchie pagine di giornale della Londra che fu, appese alle pareti della sala più ampia, sembrano testimoniare che – almeno li sotto – il tempo non è mai passato. Qui i muri ricordano ancora il funerale della regina Vittoria, l’incoronazione di Elisabetta II, i momenti critici della storia d’Inghilterra. E infatti questo posto più che una vineria è un buco nel tempo, più che un wine bar è una mescita di vino, più che una cantina è un ricordo di una cantina.
Nel cortile esterno, quattro amici si abbandonano a un bicchiere di vino, seduti ad un tavolo a forma di botte. Londra li guarda, li copre di tenebra e li ricorda dipingendo una loro sfumatura sulle pareti del Gordon’s, il piu’ antico wine bar di Londra.
Invitiamo pertanto il nostro amico a fare un piccolo sforzo, e calcare il marciapiede sino a qualche metro prima della stazione di Charing cross, dove, sulla sinistra, si apre una via pedonale, di poca rilevanza estetica all’apparenza, e che tuttavia ci accingiamo a percorrere. Al numero 47 di Villier’s Street, piegando rapidamente a sinistra, faremo dunque entrare il nostro compagno in una porticina stretta, quasi schiacciata sotto una scalchignata insegna che recita “Gordon’s wine bar”.
Di qui si scende poi a testa bassa per i gradini che separano dal banco della mescita e ci si trova infine in uno di quei luoghi che Londra sembra conservare gelosamente, come si conserva l’immagine di una persona cara. Le pareti scure per il segno dell’incedere del tempo, e per le troppe fumate di tabacchi orientali si abbassano poi nella cantina, un antro dalla volta a botte, illuminata solo dalla luce delle candele sui tavoli, nella quale solo inchinandosi in segno di rispetto è concesso incedere.
Il Gordon’s Wine Bar è questo strano rifugio dalla Londra moderna, un posto scuro, umido e vecchio prima ancora che antico. Tra il giovedì e il sabato sera si svolgono i consueti baccanali della vita londinese, tra avvinazzati in cerca di avventure e ragazze con le gambe nude che, vocianti, fanno di tutto per attirare l’attenzione degli astanti.
Eppure, questo wine bar dove “si beve Madeira” (cit.) sembra conservare un tempo che non c’ è più, rimanda quasi alle immagini delle fumerie d’oppio della Londra ottocentesca, e colui che vi entrasse non si stupirebbe di vedere apparire, d’un tratto, nella penombra, un nobile decaduto di qualche casata inglese, accompagnato magari da uno schiavo acquistato in Manciuria per pochi scellini.
Le vecchie pagine di giornale della Londra che fu, appese alle pareti della sala più ampia, sembrano testimoniare che – almeno li sotto – il tempo non è mai passato. Qui i muri ricordano ancora il funerale della regina Vittoria, l’incoronazione di Elisabetta II, i momenti critici della storia d’Inghilterra. E infatti questo posto più che una vineria è un buco nel tempo, più che un wine bar è una mescita di vino, più che una cantina è un ricordo di una cantina.
Nel cortile esterno, quattro amici si abbandonano a un bicchiere di vino, seduti ad un tavolo a forma di botte. Londra li guarda, li copre di tenebra e li ricorda dipingendo una loro sfumatura sulle pareti del Gordon’s, il piu’ antico wine bar di Londra.
La mania degli inglesi per gli incendi.
La mania degli inglesi per gli incendi.
Se esiste una mania, a Londra, è quella per gli incendi. Non l’hanno più superata, i Londinesi, quella domenica del 2 settembre del 1666, quando il signor Thomas Farrinor, professione prestinè (questo resta comunque un blog di Milanesi a Londra) si accorse ormai troppo tardi di essersi dimenticato di spegnere il forno prima di andare a letto. Le fiamme divamparono in un attimo, travolgendo tutto.
Svegliarono il Sindaco, quella notte, per avvertirlo. Raccomandò di mandarci una donnetta a pisciarci sopra. Nessuno avrebbe mai pensato che si potesse scatenare un disastro di dimensioni colossali.
Bruciò persino il Parlamento, che a quei tempi era nella City, e non a Westminster. Turner, il celebre pittore, a un certo punto decise che valeva almeno la pena mettersi a dipingere nel delirio generale, e si mise li, pennello alla mano, a rappresentare il parlamento che andava in cenere. Cose che solo il cinismo inglese può concepire.
Le fiamme si fermarono solo a Temple church, tanto che ancora oggi, i pochi edifici originali della Londra pre-seicentesca che restano sono proprio li, a Temple, e più su, in Chancery lane, circa all’altezza della Honourable Society of the Grey’s Inn. Si riconoscono al colpo d’occhio. Travi in legno, intonaco bianco, il piano superiore sostenuto in equilibrio pericolante che sporge sulla strada.
Popish Frenzy
Per ricordarsi di spegnere il fuoco prima di uscire di casa, gli inglesi costruirono, a 202 piedi (62 metri) dall’incendio una colonna dorica alta altri 202 piedi, che qui chiamano The Monument. Nell’infuriare della propaganda anticattolica, nel 1681, gli inglesi ci scrissero sotto che la colpa di tutto era da ascriversi alla “popish frenzy”, la follia papista, e ci volle il 1830 per ricordargli che non era vero e per fargli cancellare il marchio d’infamia.
La mania dei dispositivi
L’incendio ha lasciato un altro segno indelebile: la mania per i dispositivi antincendio. Si vedono in giro per le strade degli strani contenitori di ferro, chiamati “Sand bin” che dovrebbero contenere la sabbia per soffocare le fiamme. Ci sono dispositivi antincendio di ogni sorta, foggia e tecnologia ovunque. Ma soprattutto, ogni settimana, in biblioteca, ci sono i test per verificare che tutti gli allarmi siano funzionanti. Ogni settimana. Un delirio collettivo.Borough Market
Borough Market is more than a place to buy and sell food. It’s a unique corner of London that captures our rich culinary history. A source of quality British and international produce, we have a reputation as the country’s most renowned food market. It’s a place where people to come to discover the tastes, aromas, textures and colours that only fresh, seasonal food can offer.
Start your visit by meeting our traders, find out about what’s happening in the Market, take a look behind the stalls or sample our delicious seasonal recipes. You can plan your trip by using our interactive Market Map to find the produce and traders you want.
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Informazioni personali
- Mario Pietro Brioschi
- Born in Sesto San Giovanni , studied the classics, graduated with a design degree. He dabbled in various paths but when he discovered Visual Effects, he realized: This is it! As a result, he is now quite unremorsefully a workaholic VFX artist. (Although lazing about also has its perks) He loves beautiful women, a tasty Fiorentina, and the Chianti. The latter is one of the miracles that fuels his belief in God. Ask what he reads – Flannery O'Connor, Tolkien, Cormac McCarthy, John Fante – and gain a better understanding of him than a thousand descriptions such as this.