Gordon's Wine Bar


Colui che, in un martedì sera di novembre, voltate le spalle alla chiesa di S. Paul, si trovasse a percorrere lo Strand in direzione Trafalgar Square, potrebbe avere l’impressione di vivere in un sogno in cui Londra, svuotata d’ogni anima, continuasse nondimeno a vivere da sola, come se gli uffici e i palazzi e le vie della city, non esistessero affatto per gli uomini, ma per gli uffici, i palazzi, le vie stesse.




Passato il Savoy, il nostro viaggiatore, avrebbe allora probabilmente la tentazione di arrestare i suoi passi e cercare il conforto della compagnia umana in qualche posto talmente dispendioso e così formale da essere qui genuinamente sconsigliato.
Invitiamo pertanto il nostro amico a fare un piccolo sforzo, e calcare il marciapiede sino a qualche metro prima della stazione di Charing cross, dove, sulla sinistra, si apre una via pedonale, di poca rilevanza estetica all’apparenza, e che tuttavia ci accingiamo a percorrere. Al numero 47 di Villier’s Street, piegando rapidamente a sinistra, faremo dunque entrare il nostro compagno in una porticina stretta, quasi schiacciata sotto una scalchignata insegna che recita “Gordon’s wine bar”.
Di qui si scende poi a testa bassa per i gradini che separano dal banco della mescita e ci si trova infine in uno di quei luoghi che Londra sembra conservare gelosamente, come si conserva l’immagine di una persona cara. Le pareti scure per il segno dell’incedere del tempo, e per le troppe fumate di tabacchi orientali si abbassano poi nella cantina, un antro dalla volta a botte, illuminata solo dalla luce delle candele sui tavoli, nella quale solo inchinandosi in segno di rispetto è concesso incedere.

Il Gordon’s Wine Bar è questo strano rifugio dalla Londra moderna, un posto scuro, umido e vecchio prima ancora che antico. Tra il giovedì e il sabato sera si svolgono i consueti baccanali della vita londinese, tra avvinazzati in cerca di avventure e ragazze con le gambe nude che, vocianti, fanno di tutto per attirare l’attenzione degli astanti.
Eppure, questo wine bar dove “si beve Madeira” (cit.) sembra conservare un tempo che non c’ è più, rimanda quasi alle immagini delle fumerie d’oppio della Londra ottocentesca, e colui che vi entrasse non si stupirebbe di vedere apparire, d’un tratto, nella penombra, un nobile decaduto di qualche casata inglese, accompagnato magari da uno schiavo acquistato in Manciuria per pochi scellini.
Le vecchie pagine di giornale della Londra che fu, appese alle pareti della sala più ampia, sembrano testimoniare che – almeno li sotto – il tempo non è mai passato. Qui i muri ricordano ancora il funerale della regina Vittoria, l’incoronazione di Elisabetta II, i momenti critici della storia d’Inghilterra. E infatti questo posto più che una vineria è un buco nel tempo, più che un wine bar è una mescita di vino, più che una cantina è un ricordo di una cantina.
Nel cortile esterno, quattro amici si abbandonano a un bicchiere di vino, seduti ad un tavolo a forma di botte. Londra li guarda, li copre di tenebra e li ricorda dipingendo una loro sfumatura sulle pareti del Gordon’s, il piu’ antico wine bar di Londra.

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